Le imprese italiane hanno attraversato, nell’ultimo anno, un’accelerazione molto marcata nel procedimento di digitalizzazione dei processi.
I motivi sono da ricercare sia nel ricorso allo smart working e, in seguito, al lavoro ibrido, sia nell’approvazione del PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) nel mese di aprile 2021 al Senato.
La spinta verso il lavoro agile è stata determinata in larga misura dall’emergenza pandemica e l’evoluzione successiva di questa tipologia di svolgimento dell’attività consiste nell’hybrid work, che presuppone strutture software e hardware aziendali in grado di supportare risorse digitali e umane che interagiscano tra di loro da e nelle sedi aziendali, come pure da remoto, in qualsiasi parte del mondo.
In questo contesto, i fondi stanziati dal PNRR in favore delle aziende italiane che investano nella propria innovazione digitale mira proprio a favorire una ristrutturazione in senso tecnologico delle imprese nazionali.
Uno dei principali obiettivi, enunciati nel documento approvato in Parlamento la scorsa primavera, è quello di rendere le realtà produttive maggiormente competitive, attraverso l’innovazione digitale, che presuppone necessariamente investimenti significativi.
Tra gli elementi più rilevanti del quadro complessivo in cui le aziende italiane si trovano a operare attualmente, emerge con forza l’ampia ricettività che la gran parte di queste hanno dimostrato di possedere nei confronti delle sfide tecnologiche del millennio.
Il PNRR rappresenta un’opportunità per lo sviluppo delle imprese, la cui sopravvivenza è spesso legata alla visibilità e alla capacità di mantenere elevati standard di comunicazione, a livelli sia interni, sia esterni.
PNRR: cosa prevede per le imprese italiane
Il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza è articolato in 6 ambiti di azione, e a questo scopo ha destinato 49 miliardi di euro al primo e più rilevante, che si riferisce alla digitalizzazione, innovazione, turismo e competitività.
Una grossa parte dei fondi stanziati in favore della prima missione è per l’innovazione e per il miglioramento digitale delle aziende italiane.
In termini percentuali, si tratta del 60% delle risorse previste dal Piano e che corrispondono all’incirca a 30,6 miliardi di euro.
Considerando che, secondo uno degli indicatori più autorevoli in materia (indice DESI, acronimo di Digital Economy and Society Index) l’Italia si trovava, fino a poco tempo fa, alla 25esima posizione su 28 Paesi europei, in quanto a maturità tecnologica e digitale, un investimento in tal senso è più che opportuno.
L’indice DESI rappresenta la sommatoria degli indici delle prestazioni digitali a livello europeo e mira a tracciare il progresso dei singoli Paesi europei. Ogni anni questo indicatore viene aggiornato, per valutare i passi avanti che i singoli Stati abbiano eventualmente intrapreso per migliorare le proprie prestazioni digitali.
È vero, le aziende del nostro Paese si sono dimostrate profondamente ricettive alle sfide poste dall’emergenza pandemica, con tenacia e, in molti casi, fantasia, ma la sfida rappresentata dall’implementazione di infrastrutture che si orientino nel lungo periodo è di ampia portata e necessita investimenti ingenti.
Ecco perché il PNRR costituisce un’occasione molto importante per incrementare gli investimenti che soprattutto le PMI possono destinare all’innovazione digitale, con l’obiettivo di aumentare la propria flessibilità e competitività in un mercato che, molto più del passato recente, richiede piattaforme efficienti e veloci, senza trascurare la sicurezza.
Il PNRR include un incentivo all’efficientamento delle cosiddette strutture critiche delle aziende italiane, indispensabili per portare a un ammodernamento del sistema considerato nel suo complesso, considerando che le imprese nazionali risultano in ritardo rispetto alla media europea.
Perché l’Italia necessita di un piano per la digitalizzazione
Le imprese del nostro Paese necessitano di un incentivo forte alla digitalizzazione dei processi e delle infrastrutture, poiché la pandemia ha determinato un’accelerazione di nuove modalità di vendita, produzione e visibilità, incentrate ancora di più sul network marketing e sull’utilizzo di gestionali CRM.
In questo contesto, uno dei dati fondamentali su cui riflettere è l’ampiezza della banda, requisito imprescindibile per implementare un’efficace e duratura politica di efficientamento digitale.
Inoltre, per incrementare le prestazioni a tutti i livelli digitali è opportuno garantire una latenza sempre minore, laddove la latenza si debba intendere come il tempo di risposta tra un input e la ricezione da parte di uno o più destinatari.
Non ultima, la sicurezza informatica rappresenta uno dei nodi centrali del processo di digitalizzazione, poiché la transizione presuppone una security di dati pressoché blindata, cosa che al momento non è nemmeno lontanamente attuata.
Ecco perché i fondi destinati alla digitalizzazione tecnologica dovrebbero essere impiegati, dalle imprese che se ne avvalgono, in modo razionale e intelligente, attraverso la scelta di un provider di servizi che operi nel settore da molto tempo e che conosca alla perfezione i meccanismi, gli strumenti di prevenzione e disaster recovery opportuni da adottare per ogni specifica realtà di impresa.
I beneficiari del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Nel contesto della recente legislazione approvata dal Parlamento italiano e che mira a erogare fondi a favore delle PMI, per favorire una ripresa e un efficientamento che le renda maggiormente competitive, si inscrive il Nuovo Piano Nazionale Transizione 4.0, il quale fa parte del Decreto Sostegni bis, il n. 73 del 2021.
Questo Piano vuole essere un’evoluzione del progetto che lo precede (denominato Industria 4.0), e che già era stato posto al centro dell’attenzione nell’ambito di alcune agevolazioni, previste dalla Legge di Bilancio 2021.
L’innovazione delle tecnologie digitali è l’ambito mediante il quale il Governo del nostro Paese, sulla scia degli interventi europei, ha ritenuto di intervenire per determinare una spinta propulsiva alle imprese nazionali, gravemente compromesse dalla recente emergenza pandemica.
L’opportunità di cui le aziende italiane possono beneficiare rappresenta un’occasione per modernizzare la propria struttura tecnologica, usufruendo delle misure di sostegno specifiche previste dal PNRR.
In particolare, rispetto al Piano Industria 4.0, antecedente a quello relativo alla transizione 4.0, quest’ultimo si caratterizza per alcuni elementi precisi.
Innanzitutto, il range di aziende beneficiarie è più esteso, laddove le realtà di impresa che possono usufruire degli incentivi beneficeranno di appositi crediti fiscali invece dell’iperammortamento.
L’entità del credito fiscale sarà variabile, in funzione all’importo investito e che potrà essere oggetto di compensazione con altri debiti, sempre di natura fiscale oppure contributiva.
Inoltre, il riconoscimento che le imprese godranno nei confronti del proprio credito, non sarà più su un orizzonte temporale di un anno, perché saranno tenuti in considerazione gli investimenti effettuati durante il corso del biennio 2021/2022.
L’obiettivo è quello di consentire alle aziende di programmare con intelligenza e ampio respiro le proprie politiche di investimento nelle infrastrutture tecnologiche, distribuendo le spese su due anni fiscali anziché uno.
Da questo punto di vista, la prospettiva per una piccola o media impresa cambia di molto, perché spalmare un investimento, anche importante, in un orizzonte temporale più vasto può fare la differenza tra affrontarlo o meno.
Va inoltre menzionata l’estensione dell’ammontare degli investimenti immateriali che possono essere agevolati, nonché l’incremento delle percentuali relative al credito e del tetto massimo degli incentivi sul credito.
Per quanto riguarda, nello specifico, il credito di imposta riconosciuto alle aziende che rientrano nei requisiti previsti dal Piano, sono previste 3 tipologie di credito alle realtà aziendali che decidano di investire:
- Beni strumentali
- Sviluppo,Innovazione e design
- Formazione
La prima categoria, relativa agli investimenti in beni strumentali, include sia i beni materiali, sia quelli immateriali.
Nel caso specifico dell’ammodernamento tecnologico, possiamo menzionare sia gli hardware, ma soprattutto i software, compresi gli interventi volti a implementare l’infrastruttura di rete necessaria a supportare dispositivi, software e sistemi gestionali aziendali.
Tutto ciò che risulti funzionale alla transizione tecnologica dei processi produttivi di impresa sarà, dunque, ricompreso nella fruibilità del credito di imposta.
Per quel che attiene la seconda categoria, quella dello sviluppo, dell’innovazione e del design, le imprese private godono di un importante incentivo nella ricerca e lo sviluppo del settore digitale, con l’obiettivo di stimolare la competitività, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale. Fanno parte di questo comparto gli investimenti dedicati alla sostenibilità ambientale e all’economia circolare.
La formazione e il miglioramento delle competenze fanno parte del terzo e ultimo ambito in cui le aziende possono fruire del credito di imposta, puntando sull’importanza della formazione continua e sullo sviluppo e consolidamento delle competenze.
Sono diversi gli incentivi previsti per le aziende nazionali nel Piano Transizione 4.0, per favorire un progresso digitale fluido e possibile, in un arco temporale di 5 anni.
Per sostenere la crescita delle cosiddette digital competences, il Piano prevede un modello di riqualificazione della figura manageriale, basato soprattutto sul know how e sulle soft skills, indispensabili in un contesto modernamente strutturato.
Specifici percorsi di training sono previsti, mediante il taglio del cuneo fiscale che, seppur temporaneo, metterà a disposizione di dipendenti, collaboratori e manager fondi utilizzabili per la formazione.
Inoltre, l’internazionalizzazione delle Piccole e medie imprese è considerato uno dei punti fondamentali attorno a cui ruota l’ammodernamento digitale.
Per questo, è stato previsto un aumento delle risorse già stanziate dalla legge 394/81 e con cui sono stati erogati prestiti con condizioni agevolate a tutte le imprese nazionali che operano sui mercati esteri.
Fondamentali saranno gli studi di fattibilità, volti a stabilire sulla carta se le imprese destinatarie degli incentivi sapranno utilizzare i fondi in maniera articolata e in modo tale da ampliare la propria visibilità sui mercati, sempre nell’ottica della competitività.
Un aspetto da non sottovalutare, anche in questo ambito, riguarda la sicurezza della rete, nella misura in cui un’eventuale espansione del network aziendale per rendere le prestazioni più efficaci si debba necessariamente accompagnare all’implementazione di tutti gli strumenti idonei a garantire la sicurezza di dati e dispositivi, indipendentemente dal settore merceologico in cui opera l’azienda in questione.
I beneficiari dei finanziamenti previsti dal Piano Transizione 4.0
I beneficiari dei finanziamenti sono le Piccole e media imprese che abbiano la forma giuridica di società di capitali, che abbiano la sede legale in Italia e che abbiano avuto cura di eseguire il deposito degli ultimi due bilanci presso il Registro delle Imprese.
Gli esercizi dei quali i bilanci dovranno fare riferimento dovranno essere completi e, quindi, se un’azienda è stata costituita a settembre 2018, dovrà presentare i due bilanci del 2019 e del 2020.
Nel caso dell’attività all’estero, il relativo fatturato dovrà rappresentare una percentuale pari ad almeno il 20% del fatturato complessivo dell’impresa, oppure almeno il 10%, calcolato sull’ultimo bilancio d’esercizio depositato.
Le sovvenzioni previste dal Piano Transizione 4.0 si riferiscono a specifiche categorie di progetti ammissibili, che riguardano i seguenti servizi:
- spese legate alla transizione digitale, che dovranno costituire almeno la metà del totale delle spese ammissibili. In questa categoria, sono da menzionare gli investimenti connessi alla cosiddetta integrazione digitale e allo sviluppo di procedure e processi interni di impresa. Inoltre, sono ricompresi in questo ambito anche le spese per la modernizzazione oppure l’implementazione dei modelli organizzativi, considerati sempre in un’ottica digitale;
- investimenti per l’acquisto di attrezzature tecnologiche e software, intesi in senso ampio (dai gestionali CRM a tutti i software con licenza, considerando anche quelli per la protezione della rete dalle minacce informatiche);
- spese per la cosiddetta consulenza digitale. Le imprese potranno avvalersi di consulenti.
- disaster recovery e misure di prevenzione, che assicurino in qualsiasi evenienza la continuità del business;
- investimenti legati alla formazione, sempre nell’ambito di quanto previsto dal Piano Industria 4.0. Anche le spese per la sostenibilità nel contesto dell’economia circolare potranno essere ammesse, nella misura massima del 50% del totale delle spese ammissibili.
Queste sono solo alcune delle categorie previste dal Piano Transizione 4.0 e che le aziende italiane hanno la possibilità di prendere in considerazione per operare un effettivo passo in avanti nella direzione dell’efficientamento digitale.
Infatti, sono ammissibili per i finanziamenti anche le spese sostenute per investimenti nel settore della sostenibilità nel nostro Paese, prendendo in considerazione ad esempio la mitigazione dell’impatto sul clima oppure l’incremento dell’efficienza idrica e, in generale, energetica.
Anche gli investimenti per l’internazionalizzazione fanno parte delle spese ammissibili, laddove le spese sostenute dalle imprese italiane per una o più unità commerciali ubicate all’estero presuppongano anche consulenze relative, hardware e software e la partecipazione a eventi internazionali, come fiere al di fuori del territorio nazionale.
Come cogliere le opportunità previste dal PNRR e dal Piano Transizione 4.0
Come si è visto finora, le aziende italiane hanno in mano un’opportunità concreta per aumentare la propria efficienza tecnologica e dare una svolta concreta all’attività.
Naturalmente, una buona dose di progettazione e programmazione dovrà essere necessariamente prevista, e un’impresa modernamente strutturata non può prescindere da una consulenza mirata e operata in base alle specifiche esigenze.
In particolare, per usufruire degli incentivi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e, nello specifico, dal Piano Transizione 4.0, le aziende nazionali dovranno avvalersi di consulenti che sappiano indirizzarle al meglio verso quegli investimenti in grado di incrementare il valore aggiunto della struttura e, in ultima analisi, dell’attività.
Considerando le molteplici categorie in cui i benefici fiscali e di finanziamento sono distribuiti, la tentazione potrebbe essere quella di cercare di ottenere il maggior numero di incentivi possibile.
In realtà, una mossa intelligente sarebbe quella di farsi consigliare da un esperto in materia, che sia disposto a eseguire un briefing approfondito con il manager dell’azienda, coadiuvato dall’IT manager e altri collaboratori con adeguata competenza, per appurare i bisogni concreti, in senso digitale, di quella specifica realtà di impresa.
Ad esempio, uno dei perni su cui ruota la flessibilità aziendale e, di conseguenza, la sua competitività, è la capacità della rete di supportare il flusso di informazioni, in entrata e in uscita, in modo sicuro e blindato.
Da questo presupposto si snoda un percorso che segue l’efficienza della rete, la sua estensione e gli utilizzatori che avranno accesso al network.
Efficientamento digitale significa soprattutto pensare a una rete che sia non solo veloce e articolata razionalmente, ma che sia in grado di proteggere dispositivi e risorse da attacchi informatici.
La consulenza a cui faceva riferimento uno dei punti dei progetti ammissibili nell’ambito del Piano di Transizione Digitale 4.0 si dovrebbe riferire soprattutto a un servizio chiaro e strutturato in modo efficace da parte dei singoli provider.
Alet Communications da oltre 4 decenni si occupa di telecomunicazioni, innovazioni digitali per le piccole e medie imprese, con un occhio specifico alle tecnologie che si avvalgono della rete.
Le aziende che decidono di sfruttare l’opportunità offerta dal Piano Transizione 4.0 hanno la possibilità di usufruire della consulenza dedicata di professionisti esperti, adeguatamente formati e che sono a conoscenza delle tecnologie più all’avanguardia, in un’ottica di reale dimensionamento della rete aziendale e, soprattutto, in vista di un possibile e auspicabile sviluppo nel futuro.
Per conoscere le soluzioni proposte da Alet Communications senza impegno, è possibile contattare lo staff attraverso il modulo online presente sul sito ufficiale.
Scarica l’ebook “Lavorare in smart working: modelli e tecnologie”
Compara le migliori soluzioni per lo smart working, impara come strutturare il lavoro e i team e migliorare la produttività della tua azienda nella sua prossima trasformazione digitale